Che tra quelli di Mountain View e quegli altri di Menlo Park non corresse buon sangue, lo si era capito da un pezzo. Ma le due parti, chiaramente Google e Facebook, non mancano di provocarsi a suon di dichiarazioni pubbliche.
L’ultima è quella di Bradley Horowitz, uno degli uomini di maggiore rilievo all’interno del progetto Google+. Si è concentrato sull’advertising, Horowitz. Ha detto, senza diplomazia alcuna, che la pubblicità di Facebook è inappropriata, fuori luogo, senza ritmo: arriva quando non serve, per farla breve.
“Quando una persona ha fame, va al ristorante”, dice Horowitz. Semplice e lineare. Ma aggiunge: “L’advertising di Facebook può essere paragonato a un venditore di panini, che interrompe la conversazione tra due persone per cercare di vendergli un suo sandwich. In quel momento non mi importa di mangiarne uno. Quello è il momento sbagliato per propormi l’acquisto”. Ecco la stoccata.
Si parla, naturalmente, delle pubblicità che Facebook ha inserito nello stream degli utenti, tra una news, una foto e un aggiornamento di stato. Una scelta, questa, che ha reso Facebook, almeno in parte, vulnerabile: non sono mancati – e non mancheranno – quanti individueranno in Zuckerberg &Co. esclusivamente degli amanti del dollaro. Senza rispetto alcuno per l’utente, gli utenti.
Horowitz non ha perso occasione per fare paragoni. Per dire che Google, al contrario, sfrutta i +1 per consigliare prodotti agli utenti. “È molto meglio cercare un posto quando si ha voglia di mangiare, soprattutto se consigliato dagli amici”. Ovvero il +1, appunto.
Tra le altre cose, l’uomo di Mountain View ha detto anche: “Facebook appartiene al passato e il suo modo di sviluppare la pubblicità sulla piattaforma non funziona affatto”. Anche se i numeri, a dirla tutta, dimostrano il contrario. Qui Facebook domina. Senza considerare che Horowitz, nel fare le sue dichiarazioni, non ha fornito numeri aggiornati relativamente a Google+, definendo “stabili” le cifre precedenti: 100 milioni di utenti attivi ogni mese e 400 milioni di iscrizioni totali. Minori rispetto a Menlo Park, nonostante tutto.
Ah, se l’è presa anche con Twitter, Bradley Horowitz. Ha detto che 140 caratteri non bastano. Troppo pochi. Sarà vero?
Anche io farei le stesse dichiarazioni se fossi a capo di un progetto fallimentare e rischiassi di trovarmi senza lavoro… 😀
Ha nettamente ragione e l’esempio di Bradley Horowitz è calzante… In una conversazione si dovrebbe entrare in punta di piedi, soprattutto se non conosci gli interlocutori….
La risposta è un social network dove la pubblicità viene gestita e consigliata dagli utenti stessi. Su Facebook la gente parla, su Adsterr la gente compra!