In inglese è PTAT: People Talking About This. Secondo l’ultima ricerca di Forrester, le persone non si curano tanto di quanto gli altri dicono del brand e questo non è senza dubbio un dato da sottovalutare, soprattutto se trasportiamo questo dato all’interno di un social network come Facebook, profondamente basato sui legami tra “amici”.
Partiamo da un dato: sappiamo bene che le aziende difficilmente siano abituate a considerare, come metrica da prendere in considerazione, prima fra tutte, non è certo il numero dei fan della Pagina o la portata della stessa, bensì sicuramente il fatto che le persone parlino di noi. Questo garantisce visibilità alla Pagina e ci consente di avere un’interazione tale da acquisire dei fans che potremmo definire “di qualità”. Vale a dire veri, che ci seguono, che ci scrivono, che ci domandano, che ci seguono giorno dopo giorno.
Ma allora perché tanta riluttanza nei confronti di questa metrica? Forse perché è quella più difficile da raggiungere: è difficile che le persone condividano un nostro post. Basta, infatti provare a scrivere qualcosa su Facebook, oppure postare un’immagine o un link, e vi renderete conto che l’azione più difficile da ottenere da parte dei fan è proprio la condivisione.
Detto questo la domanda che bisogna iniziare a porsi è: come facciamo a creare contenuti che le persone vogliano condividere con i loro amici?
Per creare contenuti che calzino a pennello per i nostri fan, però, c’è un ulteriore passo da fare, vale a dire conoscere quali sono le azioni che influenzano la metrica “persone che parlano di noi”.
- Chi fa un like su un post della nostra pagina;
- Chi lascia un commento sotto un post della nostra pagina;
- Chi condivide con i suoi amici un nostro post;
- Chi risponde ad una domanda di Facebook che abbiamo creato;
- Chi ci menziona in un proprio post tramite il @nomeaccount;
- Tagga la pagina in una propria foto;
- Tagga un amico in una foto che voi avete caricato ( a tal proposito ricordatevi di spuntare tra le opzioni della pagina proprio questa voce);
- Mette un like sulla nostra pagina, quindi diventa fan;
- Scrive qualcosa sulla nostra bacheca Facebook;
- Risponde che parteciperà ad un evento da voi creato;
- Fa check in sulla vostra pagina tramite Facebook Place;
- Per le pagine che hanno ricevuto l’aggiornamento, scrivere un giudizio sulla vostra pagina.
Detto questo, non voglio sicuramente affermare che il PTAT è l’unica metrica da prendere in considerazione. Ma ha comunque un ruolo di prim’ordine.
E voi cosa ne pensate? È il PTAT la metrica più importante da prendere in considerazione su Facebook o ce n’è un’altra?
Secondo i miei risultati è vero. Sono le persone che parlano di noi che ci aiutano a crescere anche in termini di “Mi piace”.
Anche se tutto cio’ che hai scritto e’ giusto e lo condivido, credo che misurare a tutti i costi dia solo una idea vaga e a mio modesto parere le metriche numeriche hanno come principale obiettivo quello di dimostrare ad un cliente che investire nei social ha avuto un ritorno. Se invece volessimo andare oltre il dato numerico l’unica e’ avere strumenti integrati di ‘statistiche individuali’ che ai numeri aggiungano le persone e seguano i mi-piace, i commenti e le condivisioni mentre diventano leads prima ed in seguito conversioni.
Sicuramente hai ragione riguardo il valore numerico. E’ normale che se si lavora con terzi un qualcosa bisognerà mostrare in un eventuale report. Ma non ho capito a cosa ti riferisci quando dici “l’unica e’ avere strumenti integrati di ‘statistiche individuali’ che ai numeri aggiungano le persone e seguano i mi-piace, i commenti e le condivisioni mentre diventano leads prima ed in seguito conversioni”. Potresti essere più specifico?
Qualunque strumento di web analytics o qualunque idea di misurazione e di metrica che conti e basta non da’ il vero valore in euro di nessuna azione social.
Se si vuole veramente presentare ad un cliente la dimostrazione che la propria attività sui social ha un ritorno, (e tra l’altro un ritorno che spesso e’ proveniente da un marketing mix e non solo da un’attività sui social networks) NON si dovrebbe presentare un report solo quantitativo, ma qualitativo.
Capisco che il 95% dei consulenti usano mezzi gratuiti per effettuare tali report, e capisco anche che non è facile avere il know-how (ed il budget) necessario per un’attività più complessa di marketing mix comprendente strumenti integrati, lead generation, email marketing automatico e tracking evoluto per capire quali e quanti gruppi d’utenza con comuni interessi arrivino da facebook o da altre fonte specificamente.
Però parlare con nomi altisonanti inglesi tipo “engagement” o PTAT non farà diventare tali consulenti più preparati, nè più bravi di altri.
In buona sostanza credo che questo articolo discuta di una questione di lana caprina… (non me ne voglia chi lo ha firmato, non volevo mica offendere, s’intende!).
Invece apprezzo parte del titolo e lo ribattezzerei, con uno slogan: “Persone e non… numeri!”, che è anche un trademark sul quale ho fondato SitoVivo.
In un prossimo futuro i social (come facebook) saranno visti con il vero ruolo che hanno: meri mezzi di comunicazione.
Non importa quanti vedano un messaggio, ma che le persone giuste, ricevano il messaggio che gli interessa al momento giusto (on-demand sarebbe il massimo)!
Quindi più che la metrica dell”engagement’ per misurare quante persone parlino di un brand in un modo o nell’altro, credo sia molto meglio aumentare la qualità dei contatti, ma sopratutto importa che anche se ho 3 gatti che parlano del mio brand, in media ne parlino bene e che l’azienda riesca a convertire in clienti la maggior parte di quei gatti
(per farlo… non vedo altro modo che conoscere per nome gatto Silvestro e tutti gli altri… e avere un modo per contattarli insieme ad una strategia).
Non tutto ciò che conta, puo’ essere contato…
e forse questo tipo di “engagement” ha un altro tipo di rappresentazione (non numerica) per essere comunicato al cliente… 🙂
Hai ragione, persone e non numeri. Lo dico sempre io. Argomento interessante che merita un approfondimento. Anche se sul “mero strumento di comunicazione” ho ancora qualche dubbio, anche perché se fosse “mero” significherebbe tutt’altro. Ma questo è un mio punto di vista.
a me pare che questi han scoperto l’acqua calda, da sempre il mondo va cosi, ci fidiamo di + dei nostri “amici” che dei messaggi delle imprese che son li per vendere e questo mi pare ovvio, se cerco un’auto e un amico mi racconta della sua esperienza pratica giornaliera sarà + convincente di qualsiasi altra promozione interessata. A pare pare ovvia sta cosa. Come dice Fabio meglio avere 3 gatti che interagiscono e parlano di me piuttosto che avere 100 gatti che stan li a guardare, bene che vada, senza dire nulla ne a me e ai loro amici di me, se ho ben capito il pensiero. Il punto è, come li si misura questa relazione tra amici, con quale strumento/i?
Buongiorno! Non è scoprire l’acqua calda, ma è per far capire a molti, che spesso non riescono ad entrare in quest’ottica, proprio quel concetto che tu hai espresso.