La settimana scorsa Facebook ha lanciato Graph Search. È il suo motore di ricerca interno. Fondato sui dati pubblici degli utenti. Che permetterà di effettuare la ricerca secondo criteri – e richieste – nuovi, rispetto a quanto fatto sino a oggi. Di ciò che Graph Search potrà cambiare, ha parlato bene Angelo Marolla sul Social Blog.
Ci siamo affrettati, tutti, a parlare di novità epocale. Per la verità lo è: Facebook lancia un motore di ricerca. Il Social Network più grande e celebre al mondo. È una notizia. Grossa, anche. Tra notizie e annunci, Jim Edwards di Business Insider ha dato del Graph Search una chiave di lettura diversa e corretta. Ha parlato degli inserzionisti, di chi investe nel business pubblicitario di Facebook. Ha detto che loro, sì, saranno felici.
Il ragionamento è semplice. Ciò su cui si è lavorato parlando del Social Network di Menlo Park, è stata l’acquisizione dei “Mi Piace” da parte delle aziende. Attraverso una Pagina e attraverso strategie più o meno insistenti, più o meno vincenti. È importante esserci, su Facebook. Ma la realtà è che gran parte delle aziende si sono trovate a investire su Pagine e magari anche sull’advertising, senza percepire – o senza ottenere, per la verità – un ritorno tangibile.
Non è una bocciatura per quanti puntano, col proprio business, sulla piattaforma di Zuckerberg: è importante esserci, con intelligenza e originalità. Su questo siamo d’accordo.
Graph Search, gli inserzionisti. Ok. Cosa cambia? La filosofia di Graph Search è chiara: raccogliere gli interessi, quelli pubblici, degli utenti. Catalogarli. Associarli alle query degli stessi utenti. Poter cercare [Ristoranti di Londra in cui sono stati i miei amici] crea improvvisamente nuovo e vasto terreno fertile per i ristoranti londinesi. Così come per tutti gli altri. Ecco che i “Mi Piace” acquisiscono un rinnovato valore. Il fatto che il motore di ricerca sia concentrato quasi totalmente sugli interessi degli utenti – oltre che poi sui luoghi, sulle foto e così via -, è elemento di forte interesse per chi investe tempo e denaro su Facebook.
Lo stesso Edwards, in un’altra analisi, mette a nudo però le debolezze di questo sistema.
Se è vero com’è vero che Facebook ha deciso di non mutare, per ora, il proprio sistema di advertising – Sponsored Stories e quant’altro -, oltre che quello di gestione dei Like e delle Pagine, è allora altrettanto veritiero che un utente (o un bot) sono assolutamente in grado di aggiungere Like a una e più pagine, semplicemente attraverso la condivisione di link. Non vi è nessuna garanzia, in tal caso, che quel Like rispecchi il reale interessamento dell’utente al marchio.
“I Like sono una moneta degradata”, scrive Anthony Ala Kosner su Forbes. “Facebook, in effetti, sta cercando di risolvere questo problema, della moneta degradata, stampando più soldi”.
Il fatto, poi, che Facebook al momento non faccia uso, nel Graph Search, di parametri come la Sentiment Analysis, rafforza le tesi americane sulla faccenda.
Insomma, Graph Search è un terreno fertile. E non recintato. E con poche regole.
Cosa cambierà per chi è in possesso di pagine abbastanza grandi?
Come è possibile sfruttare il Graph Search per veicolare traffico a siti web esterni?
Ciao Saverio,
al momento è difficile fare questo tipo di previsioni.
Soprattutto perché Graph Search è in fase di prova, esclusivamente in inglese. Penso che quando arriverà in Italia, risulterà nettamente migliorato (e quindi diverso) da questa prima versione, di cui si parla 🙂
Non capisco come fa un inserzionista a produrre valore per se stesso con un motore di ricerca che sonda i gusti degli utenti di facebook.
Dovrebbe inserire post che parlino di ciò che gli utenti cercano, ma se l’inserzionista è un’azienda di viti per esempio, e la gente cerca video di sport, che cosa ha a che fare ciò che cerca la gente, i video di sport, con le viti che produce l’inserzionista, o qualsiasi altro prodotto esso produca, fosse anche la coca cola?